Storia

Il vino rosé è tra i preferiti dei giorni nostri

Scritto da Tom | 16 aprile 2021


Il vino rosé è una delle bevande più antiche del mondo, un vino complesso intriso di storia e tecnica. Ma il rosé è storicamente cambiato in alcune parti del mondo, che in passato lo hanno relegato nel regno dell’alcol per i bevitori inesperti. Tuttavia, l’avvento della tecnologia e dei nuovi gusti nel XXI secolo ha portato a un rinnovato interesse e alla rivalutazione della nostra comprensione del rosé, tanto che è diventato la bevanda preferita di molti. L’esperta di vino Patricia Verschelling ci spiega il perché di questa rinascita. 


Se in passato avessi chiesto a chiunque quale fosse la sua opinione sul rosé, avresti probabilmente ottenuto una serie di risposte discordanti. Alcuni lo amavano per il suo carattere tendenzialmente più dolce, mentre ad altri non piaceva esattamente per lo stesso motivo. L’idea sbagliata era che il rosé fosse una bevanda più dolce, quando in realtà è un vino complesso e ricco di sfumature proprio come i rossi e i bianchi. Oggi tutto questo è cambiato e il rosé secco, reso popolare per la prima volta nella regione francese della Provenza, è la bevanda preferita di molte persone. 


«Non si direbbe, ma molti vini rosati sono realizzati mescolando varietà di uve bianche e rosse (o anche mescolando vino bianco e rosso)» dice Patricia. «E il più famoso vino rosato ottenuto in questo modo è in realtà lo champagne!». 



Il rosé è un caposaldo della regione della Provenza in Francia, nota per le sue varietà fresche e secche

Lo champagne rosé è solo una delle tante varietà di vino che lo qualificano come una bevanda eccezionale. Solo prendendo come esempio la Francia, le differenze regionali evidenziano la complessità del vino, spiega Patricia. «Lo champagne rosé è l’unico vino in Francia che può essere fatto mescolando vino bianco e rosso. Per tutte le altre regioni è severamente vietato fare il rosé in questo modo. Tuttavia, nel sud della Francia, in Provenza, i viticoltori odiano l’idea di fare il rosé semplicemente mescolando uve rosse e bianche. Pensano che la produzione di un buon rosé secco sia un’arte e che debba essere realizzata solo con uve rosse». 


Il rosé fresco e secco è sempre stato un caposaldo delle regioni meridionali della Francia, ma da dove viene la popolarità internazionale del rosé? 


Storie antiche e rosé della metà del secolo

 

Per capire l’evoluzione del rosé, bisogna scavare nella storia remota. Infatti, si pensa che il rosé sia una delle bevande più antiche al mondo: sappiamo che gli antichi avevano un debole per il vino rosso. Tuttavia, a differenza dei rossi inebrianti di oggi, i loro vini assomigliavano di più a quello che oggi consideriamo rosé. Agli occhi degli Antichi Greci, ad esempio, i vini più scuri erano considerati barbari o qualcosa che solo i Romani avrebbero bevuto per via del contenuto alcolico. Quindi diluivano i loro vini con acqua, con la scusa che questo non solo migliorava il gusto del vino, ma rendeva anche loro – i bevitori – più civili. Certo, questi vini sono lontani anni luce dal rosé di oggi, ma hanno segnato l’inizio di una degustazione più leggera e rosata. 


Durante il VI secolo a.e.v. i Focesi, che provenivano dalla Ionia in Grecia, avevano navigato fino a Massalia (oggi Marsiglia), portando con loro le viti della loro regione. Secondo Victoria James in Drink Pink: A Celebration of Rosé, i vini che vi si producevano erano delicatamente rosati ed erano diventati rapidamente un elemento fondamentale della zona – tanto che, quando erano sbarcati i Romani, i vini rosa di Massalia erano già ben noti. Attraverso il loro prolifico commercio mercantile, i Romani hanno portato questi vini in tutto il Mediterraneo e ancora oggi la regione della Provenza, dove si trova Marsiglia, rimane la patria del rosé.



Il vino rosato era diffuso anche nell’antichità, quando i Romani contribuirono a renderlo popolare in tutto il Mediterraneo

Nel XX secolo, dopo la seconda guerra mondiale, il rosé ha subito un’altra trasformazione, questa volta assumendo un sapore più dolce. Due viticoltori portoghesi hanno creato un tipo di rosé che è divenuto particolarmente popolare negli Stati Uniti e nel Regno Unito (compresa la casa reale), dove si diceva che fosse il vino preferito della regina Elisabetta II. Questi produttori di vino hanno portato il rosé a nuove vette, ma hanno anche creato un monopolio sulla percezione del vino. Questa situazione è stata ulteriormente aggravata dall’ascesa del “blush” americano, spiega Patricia. 


«Negli anni ‘80, il classico vino rosé è passato di moda in California, così i produttori di vino hanno pensato a un nuovo vino chiamato “blush”. Era fondamentalmente un vino bianco fatto con uve rosse e quindi aveva un colore rosa pallido, in confronto al vino bianco. Questi vini erano spesso anche piuttosto dolci».


La vera rinascita del rosé


In Provenza, tuttavia, l’amore per il rosé secco non è mai scemato, grazie al suo processo di produzione, dice Patricia. «Quando il vino rosato è fatto nel modo classico, i viticoltori estraggono il succo dalle bucce per gravità, un metodo noto come saignée. Questo tipo di rosé ha sapori freschi e delicati con un carattere leggero e netto. Infatti, il bel colore chiaro del rosé provenzale è ormai preferito dalla maggior parte dei consumatori e quindi c’è stato uno spostamento della produzione dai rosé scuri verso i rosé chiari in tutto il mondo». 



Il rosé è stato un successo sui social media, grazie alle sue belle tonalità pastello

Allo stesso modo, la Spagna è diventata un produttore affermato di rosé. «La Spagna ha una buona reputazione per i rosati saporiti. I vini chiari sono chiamati rosado e quelli più scuri clarete» dice Patricia. «Il rosé clarete è anche abbastanza alla moda tra gli amanti del vino, poiché alcune varietà sono legate al movimento per il vino naturale, che utilizza lievito naturale e anfore per produrre il vino».


I social media hanno avuto un ruolo importante in questo. La bevanda rosa brillante è innatamente fotogenica e, a metà della decade del 2010, gli appassionati di Instagram ne hanno preso nota. Il colore pastello pallido del rosé lo ha reso il perfetto accompagnamento estivo e ben presto ogni bar ha voluto seguire questa moda. La popolarità del rosé classico è aumentata, stimolata dall’interesse dei giovani e da una maggiore predilezione tra gli uomini (prova a cercare “brosé” su Google).


Sapore, aroma e cosa c’è da sapere


Il recente amore per il rosato arriva da lontano e la bevanda sta giustamente ricevendo l’attenzione che merita. Anche se il passo successivo è scegliere il rosé giusto in base alle proprie preferenze, dice Patricia. 


«Il vino rosato è prodotto in tutto il mondo, quindi ci sono tantissimi sapori diversi tra cui scegliere. La maggior parte dei rosé al giorno d’oggi sono secchi. Un famoso rosato secco prodotto nel Rodano meridionale nella denominazione di Tavel ha un colore molto più profondo con un profilo di sapore più alto, una consistenza più oleosa e livelli più alti di tannini di qualsiasi altro rosato francese. Ma se preferisci vini meno secchi, ti conviene optare per il Cabernet d’Anjou, un rosé non secco fatto con uve Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon della valle della Loira».



Se preferisci un rosé classico e secco, il vino di Provenza è sempre una scelta eccellente

E non dimenticare che anche il modo di servire il rosé è fondamentale. In generale, il rosé è meglio consumarlo il prima possibile dopo la sua distribuzione – e sempre freddo. «Tieni a mente le temperature di servizio dei tuoi vini» spiega Patricia. «Come regola generale, i rosati leggeri fruttati e lo champagne sono più piacevoli se serviti freddi (6 - 10 °C). I vini rosati più complessi andrebbero serviti leggermente più caldi, in modo che tutti i sapori che sviluppato possano emergere al momento della degustazione».


Il rosé è in definitiva una bevanda di celebrazione e leggerezza: un brindisi a un nuovo inizio, qualcosa di cui tutti avremmo bisogno nella situazione attuale. «È inebriante» dice Patricia. «È il vino perfetto per dare il benvenuto alla nuova stagione e per ricordare che c’è molto da guadagnare quando si prova qualcosa di nuovo». 


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